Settimana scorsa abbiamo ospitato, all’interno degli HandsOnDay organizzati dal VMUGIT, Acronis, che ci ha presentato VMProtect 7.
Acronis è universalmente nota per il suo storico prodotto TrueImage, che anche io come migliaia di persone ho utilizzato con estrema soddisfazione per anni. Sono stato quindi stupito di sapere che ad oggi TrueImage rappresenta solo il 10% del fatturato dell’azienda, segno che la stessa si sta spostando verso linee di prodotto e quindi mercati differenti.
VMProtect è un prodotto dedicato alle attività di backup e ripristino di ambienti virtuali, tanto che supporta solo vSphere e solo dalla versione 4.0 e successive. Una delle prime particolarità del prodotto è che, proprio sfruttando la storica capicità di TrueImage e del suo Universal Restore, permette anche attività di migrazione dal mondo fisico.
L’applicativo è installabile sia come applicativo Windows (utile per l’uso di server fisici) o direttamente usando la loro Virtual Appliance (basata su Linux). Sicuramente la disponibilità di una Virtual Appliance è una funzione interessante, permette tempi di deploy rapidi e il risparmio di licenze Windows nella creazione di server di backup. E’ possibile installare un numero a piacere di appliance (il licensing è basato sul numero di socket ESXi da dove devo estrarre le VM da salvare) e distribuire i job di backup sulle varie appliance.
Ad oggi, queste appliance non si coordinano tra loro, ed è quindi necessario ripartire manualmente i backup delle varie VM tra le appliance e disegnare opportunamente i job di backup e la loro esecuzione, per evitare che job provenienti da differenti appliance accedano agli stessi datastore, andando ad inficiare le prestazioni di questi ultimi.
Le attività di backup, come in tutte le soluzioni che sfruttando le VMware vStorage API (VADP), sfruttano appieno CBT e usano Hot Add come modalità preferita.
La modalità prediletta di backup (sono disponibili anche i classici GFS così come altre opzioni) è quello che Acronis chiama “Always Incremental”: all’interno di un unico file di backup vengono salvate tutte le virtual machines selezionate nel job di backup, e tutti i blocchi derivati dal CBT nelle esecuzioni successive. Questi blocchi vengono indicizzati all’interno del singolo file di backup, che quindi contiene differenti restore point della stessa VM e cresce nel tempo. In fase di ripristino sarà possibile estrarre dallo stesso file il restore point desiderato.
Questo approccio, sicuramente innovativo e differente da altre soluzioni concorrenti, ha il pro di rendere il file di backup indipendente dall’appliance di backup, quindi trasportabile e riutilizzabile da altre appliance, ma il contro è che la perdita di questo file o la sua corruzione invalida tutti i restore point di tutte le VM contenuti nel file stesso.
Un’interessante funzione è la disponibilità di un plugin per vClient, che permette di gestire parte delle funzioni disponibili nella console web nativa. Utile per chi è abituato a gestire differenti attività direttamente da vClient, anche se è possibile collegarlo a una sola appliance.
Altra possibilità è il backup di una configurazione ESXi (4.1 o 5.0): per chi non possiede licenze VMware che prevedano gli host profiles, può essere una comoda soluzione per salvare e ripristinare le configurazioni di un nodo ESXi. E’ vero che un nodo ESXi si installa e configura in poco tempo, ma le attività di configurazione del networking in particolare, specie se non sono presenti i distributed switches, possono diventare tediose. Da tenere presente che la configurazione salvata non è generalizzabile per configurare altri nodi, ma solo per ripristinare l’originario, dato che tutti i parametri (come hostname e indirizzi ip) vengono ripristinati.
Infine, per chiudere la parte backup, Acronis offre una soluzione di backup remotizzato “Cloud” tramite un loro datacenter verso il quale, tramite un abbonamento, è possibile inviare i backup. Per l’Europa il datacenter è a Strasburgo, quindi compatibile con la territorialità dei dati della Comunità Europea.
Riguardo il recovery, è possibile ovviamente effettuare sia restore delle intere virtual machine che dei singoli file (il File Level Recovery oramai non dovrebbe nemmeno essere dichiarato come funzione ma qualcosa di cui vergognarsene se non la si avesse), ma il File Level Recovery non è ancora in grado di riposizionare i file nella VM originale, ma esporta i file richiesti in un file zip che andrà poi gestito manualmente.
E’ possibile effettuare backup specifici di Exchange Server (2003 e successivi) ed estrarre poi dal backup le singole mailbox o email. Questi oggetti non sono direttamente re-iniettabili in Exchange, ma viene fornito un PST contenente gli oggetti, che dovremo ripristinare a mano in Exchange attraverso le MAPI.
Altre funzione che abbiamo potuto osservare sono le repliche, dotate di failover e failback come ad esempio Veeam Backup. A differenza di quest’ultimo, non è possibile registrare differenti punti di ripristino della stessa VM, ma viene replicata e aggiornata solo l’ultima versione.
Come il loro concorrente principale, anche vmProtect permette infine di effettuare il boot di una virtual machine direttamente dal file di backup senza doverne fare il restore, con lo stesso “trucco” del datastore NFS che pubblica i file della VM e li registra in vCenter.
In conclusione, il prodotto è stabile, possiede un buon set di funzioni, alcune differenzianti rispetto alla concorrenza (la schedulazione ad esempio è molto granulare e propone differenti soluzioni, così come la possibilità di cifrare i backup), e pur avendo ancora alcune lacune e soluzioni che non mi hanno convinto (il singolo file di backup con inglobate tutte le versioni ad esempio, o la mancanza di supporto a PowerShell per l’automazione dei task) sono sulla strada giusta e possono essere uno stimolo alla loro crescita e a quella della concorrenza.
Sicuramente da integrare è la gestione centralizzata tra le varie appliance, in modo da avere un orchestratore delle attività di backup per essere più appetibile per infrastrutture di dimensioni maggiori. Il prezzo (399 euro a socket senza differenti edizioni o versioni) è stato opportunamente tarato per competere in un mercato aggressivo e che vede la presenza di altri player che vuoi tecnologicamente o come presenza sul mercato hanno ad una posizione predominante.